Nel mondo dell’industria del gaming, il publisher italiano fondato da Rami Galante è solo la superficie di un iceberg che nasconde le numerose difficoltà che i lavoratori del settore stanno attraversando in quest’anno travagliato. I dipendenti stanno subendo una vera e propria valanga di licenziamenti, senza distinzioni tra sviluppatori e publishers. Le motivazioni dietro questa ondata di licenziamenti sono sempre le stesse: riorganizzazioni, cambiamento negli obiettivi strategici e dismissione di attività non più redditizie.
Con il boom del settore del gaming durante il lockdown, molte aziende hanno assunto a dismisura, credendo che la forte domanda e i ricavi continueranno all’infinito. Tuttavia, con l’allentarsi delle restrizioni, il mercato ha subito una contrazione, mettendo a rischio molti bilanci aziendali.
Le aziende, compresa la famosa Embracer Group, si sono ritrovate ad affrontare misure drastiche e licenziamenti di massa per far fronte alla situazione. Anche Digital Bros., una delle principali realtà italiane del settore, ha annunciato il licenziamento del 30% della sua forza lavoro.
Nonostante la sua lunga esperienza nel settore, Digital Bros. si è trovata costretta a ridimensionare i suoi progetti e a concentrarsi su sequel e riedizioni di titoli già affermati, sacrificando così i suoi team di sviluppo interni.
Questi licenziamenti di massa stanno avendo un impatto devastante sull’industria, con migliaia di lavoratori lasciati senza lavoro. Eppure, le dirigenze aziendali sembrano evitare di assumersi la responsabilità di queste decisioni, scaricando la colpa sui cambiamenti nei gusti dei videogiocatori.
In un anno in cui l’industria del gaming ha ottenuto una grande visibilità, la triste realtà è che migliaia di persone stanno pagando il prezzo di scelte di investimento discutibili. La situazione è tutto tranne che normale, soprattutto considerando che si tratta dell’industria mondiale dell’intrattenimento più grande al mondo.