I narvali, spesso conosciuti come i “unicorni del mare” a causa del loro lungo corno a spirale, sono tra le creature più affascinanti del regno marino. Questi maestosi cetacei, che scelgono di vivere nelle fredde acque dell’Artico Atlantico, sono famosi per la loro natura schiva e riservata, rendendo difficile la loro osservazione e studio.
Ciò che potrebbe stupire molti è che, nonostante la loro fama, i narvali sono praticamente inesistenti negli acquari di tutto il globo. E questo accade per una ragione molto seria. Sul suolo nordamericano, solo due tentativi di cattura dei narvali sono stati realizzati, ma entrambi si sono conclusi in modo tragico.
La prima prova risale al lontano 1969, quando l’Acquario di New York a Coney Island ha ospitato un giovane esemplare di nome Umiak. Sfortunatamente, la sua permanenza nella struttura è stata breve: meno di un anno dopo il suo arrivo, l’animale è morto a causa di polmonite. Il secondo tentativo è stato realizzato dall’Acquario di Vancouver in Canada nel 1970.
Nonostante l’iniziale entusiasmo del pubblico, la situazione si è rapidamente aggravata. In meno di un mese, tre cuccioli sono periti e, entro novembre, anche le due femmine hanno perso la vita. Alla fine, il povero narvalo maschio, Keela Luguk, ha incontrato la stessa sorte funesta. Ma perché i narvali non riescono a prosperare in cattività? Anche se una risposta definitiva non è stata ancora trovata, è evidente la loro natura estremamente sensibile, che secondo alcuni studiosi può essere spiegata solo con la Teoria del Caos.
Il famoso corno dei narvali è dotato di ben 10 milioni di terminazioni nervose, che sono in grado di percepire sottili variazioni di temperatura, pressione e altri aspetti. Inoltre, sono estremamente sensibili al rumore prodotto dall’uomo. Di fronte a queste evidenze, sembra improbabile che si facciano altri tentativi di catturare i narvali in futuro. Probabilmente, tuttavia, potremo ammirarli sotto forma di ologrammi, proprio come fa un circo tedesco.