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Caccia ai furbetti del lavoro nero: L’agenzia delle entrate svela le sue tattiche vincenti!

Lavorare “in nero” rappresenta uno dei fenomeni più diffusi su tutto il territorio italiano e spesso suscita infinite discussioni tra coloro che lo considerano una pratica deplorevole e coloro che lo vedono come un’alternativa necessaria, a causa di diversi fattori che costringono a cercare un pagamento non dichiarato anziché qualcosa di regolare. Ma come fa l’Agenzia delle Entrate a calcolare il numero di lavoratori “in nero” in Italia? La risposta è fornita proprio da questa istituzione. L’Agenzia delle Entrate, che agisce come un occhio vigile, ha il compito di sorvegliare e sanzionare tali comportamenti, spesso imponendo pesanti multe. La pressione fiscale italiana, estremamente gravosa, e l’aumento dei costi della vita sono solo alcuni dei fattori che spingono molti italiani a offrire servizi di lavoro retribuiti “in nero”. Lavorare “in nero” significa intraprendere un’attività senza alcun tipo di contratto che tuteli il lavoratore e, di conseguenza, senza alcuna obbligazione nei confronti dello Stato per quanto riguarda il versamento delle tasse sulle entrate ricevute. L’Agenzia delle Entrate utilizza semplici calcoli per individuare coloro che operano in nero, utilizzando metodi di media semplice e ponderata. In questo modo, spetta al contribuente dimostrare che il suo operato sia legale e rispetti le norme fiscali. L’Agenzia delle Entrate si impegna costantemente nella ricerca di guadagni non dichiarati al fine di individuare le attività imponibili “in nero”. Mentre in alcuni casi la scoperta di tali attività può essere immediata, in altri risulta più complesso, ad esempio quando un lavoratore continua a ricevere indennità di disoccupazione nonostante abbia entrate non dichiarate. Per individuare tali guadagni, l’Agenzia delle Entrate analizza i movimenti bancari dei contribuenti e, in caso di irregolarità, spetta al contribuente dimostrare la correttezza delle proprie operazioni fiscali. È importante distinguere tra professionisti e imprenditori: per i professionisti, i redditi imponibili sono rappresentati dai pagamenti e dai bonifici effettuati sul proprio conto bancario, mentre per gli imprenditori ogni versamento o prelievo dal conto è considerato imponibile. L’Agenzia delle Entrate controlla anche eventuali ricarichi applicati dai commercianti durante le vendite, sempre utilizzando il metodo di media semplice e ponderata. In tal caso, il contribuente ha il diritto di partecipare come osservatore al calcolo delle percentuali di ricarico e di presentare eventuali dichiarazioni nel caso in cui si riscontrino incoerenze. Ma quali sono le sanzioni previste? In caso di guadagni “in nero”, il datore di lavoro è soggetto a un’indagine che può portare al pagamento dei contributi davanti a un tribunale civile. Durante questo processo, verranno analizzati periodi di lavoro sospetti dal punto di vista fiscale, inclusi gli straordinari non pagati, gli stipendi non versati, i mancati versamenti di indennità, il mancato pagamento del TFR (trattamento di fine rapporto) e l’eventuale risarcimento per licenziamenti illegittimi. Il datore di lavoro sarà affrontato singolarmente per ogni dipendente coinvolto e sarà soggetto a multe da 100 a 500 euro per ogni lavoratore coinvolto che abbia subito le violazioni fiscali. Inoltre, sarà applicata una sanzione amministrativa che varia in base alla durata dell’impiego. Se l’impiego durasse fino a 30 giorni, la multa potrebbe ammontare da 1.500 a 9.000 euro per ogni lavoratore impiegato illegalmente. Queste cifre aumenteranno del doppio per ogni periodo aggiuntivo di 30 giorni in cui i lavoratori sono stati sfruttati in tali condizioni. Inoltre, ci sono due ulteriori fattori da considerare: l’età e l’etnia dei lavoratori. Se uno o più dipendenti “in nero” risultassero stranieri o minorenni, la sanzione sarebbe aumentata del 20%. Tenendo presente queste informazioni, è importante che i lavoratori tengano traccia delle proprie ore di lavoro, inclusi gli straordinari e i compensi ricevuti. In caso di irregolarità, potrebbe essere utile per i lavoratori coinvolgere l’uno l’altro ed eventualmente intentare una causa civile contro il datore di lavoro, al fine di garantire condizioni lavorative corrette e un’adeguata retribuzione.

D'Orazi Dario
D'Orazi Dariohttps://it-it.facebook.com/darioita
Editore e Giornalista mi occupo di tutto quello che fa parte della tecnologia, automobili e curiosità. Laureato sono sempre stato appassionato alla scrittura e amo il mondo del giornalismo.
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