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Il crimine di vendere la posizione degli utenti: come cambierà tutto per gli americani

Ormai è una situazione quotidiana: ogni volta che concediamo a siti o piattaforme di gestire le nostri informazioni personali, c’è sempre il rischio che queste finiscano nelle mani dei cosiddetti “data broker”, individui che creano comodi “pacchetti” di dati per venderli a chiunque sia interessato. Oltre ai nostri gusti e preferenze, finiscono in vendita anche dati personali come nomi e indirizzi.

La Federal Trade Commission, l’ente federale per il commercio americano, continua a prendere di mira i data broker che operano negli Stati Uniti; questo volta la “vittima” è la texana InMarket.

InMarket, che ha debuttato sul mercato americano nel 2010 con il nome di CheckPoints, gestiva una piattaforma in cui venivano raccolti dati di numerosissimi consumatori, tra cui dati sensibili come la localizzazione, informazioni demografiche e cronologie di acquisti. Tutti dati molto ambiti dalle agenzie pubblicitarie, ma che potrebbero risultare pericolosi nelle mani sbagliate.

La FTC accusa InMarket di aver raccolto i suddetti dati senza il consenso informato degli utenti, principalmente tramite l’utilizzo delle proprie app, ListEase per le liste della spesa e CheckPoints per le raccolte punti, che secondo la FTC nascondevano l’intento di raccogliere i dati personali degli utenti.

Dopo essere stata portata in tribunale, InMarket ha accettato l’accordo con la FTC, che include il divieto di vendere o condividere prodotti pubblicizzati utilizzando i dati di localizzazione degli utenti. InMarket dovrà anche distruggere i dati di posizione raccolti in precedenza, a meno che non vengano raccolti i relativi consensi informati.

Intervistato, il responsabile legale e della privacy di InMarket, Jason Knapp, si è detto dispiaciuto dell’esito in tribunale e ha sottolineato che l’azienda sta facendo passi avanti per migliorare le politiche di trasparenza nell’utilizzo dei dati.

La FTC ha già portato in tribunale un’altra agenzia di data brokering, X-Mode, proprio per le stesse motivazioni di InMarket: raccolta e vendita di dati posizionali. X-Mode acquistava e rivendeva dati di posizione raccolti da diverse app sugli store mobile sia Apple che Android, tra i clienti anche il governo americano e appaltatori del campo militare. Secondo la FTC, X-Mode rivendeva dati così precisi da permettere agli acquirenti di tracciare i movimenti delle persone durante le loro visite in luoghi sensibili.

D'Orazi Dario
D'Orazi Dariohttps://it-it.facebook.com/darioita
Editore e Giornalista mi occupo di tutto quello che fa parte della tecnologia, automobili e curiosità. Laureato sono sempre stato appassionato alla scrittura e amo il mondo del giornalismo.
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